PAREIDOLIA: è illusione subcosciente, vedere ciò che non c'è

Il processo artistico “Pareidolia” che conduce Salvatore Giampino, in arte Giano, verso l’astrazione pura è progressivo, dal figurativo dei lavori precedenti alla stilizzazione, fino ad annullare quella linea che in “Habitus” definiva forme e curve. E’ privo di logica e puramente istintivo, intimo. Nessuna ideologia a dettare regole che incasellano l’artista in schemi espressivi definiti. Giano ha dato ascolto al proprio sentire interiore e ha atteso che si compisse il processo, chiamato “pareidolia”: SIAMO TUTTI SPECCHI DEL NOSTRO SENTIRE, che dà nome alla mostra personale.

Sal Giampino, Gianna Panicola e Antonino Contiliano in un momento del Vernissage

Sal Giampino, Gianna Panicola e Antonino Contiliano
in un momento del Vernissage di Pareidolia

Raggiungere l’armonia attraverso la dissoluzione della figura e della tecnica pittorica stessa, è un passare sulla tela la mano, dopo aver raschiato, strofinato, lacerato e captare quell’energia profonda che emanano le diverse stratificazioni di colore. La pareidolia come espediente tecnico illusionistico, è stato utilizzato da molti artisti, quali ad esempio Salvador Dalì, per indurre all’inganno chi osserva. Dalì è stato un vero maestro della pareidolia. Andando indietro nei secoli, possiamo riscontrare, in Andrea Mantegna, l’utilizzo di dipingere figure antropomorfe nelle nubi (Trionfo della virtù, 1502). Mantegna, aveva anche dipinto un cavaliere sul suo cavallo tra le nuvole, poste dietro la colonna di San Sebastiano (1456), ed è chiaro che non si trattasse di una visione subcosciente. In Giano, e’ estremamente naturale, è il suo voler essere naturale che scavalca i confini del tutto stabilito. E’ visione subcosciente. È UN PROCESSO MISTICO, SPIRITUALE E NATURALE, DOVE SI POSSONO SCORGERE LIVELLI EMOZIONALI NON COSTRUITI.

Ogni processo pareidolico, si presta ad una libera e prettamente personale lettura. E’ LA PERCEZIONE DELL’ARTE NEGLI OCCHI DI CHI OSSERVA. È del tutto naturale scorgere tra solchi, grumi, fessure, squarci, il volto umano e anche stupefacente. Giano mette in crisi quel difficile rapporto tra percezione soggettiva e rappresentazione oggettiva, lì dove la tecnica pittorica subisce un’ulteriore evoluzione.

Non più pennelli ma spazzole abrasive, stendono, accumulano e trascinano, con movimenti verticali, orizzontali, obliqui, gli strati sovrapposti di colore, lasciandoli interagire tra di loro. E ancora sottraggono colore, creando degli accumuli di materia in modo casuale e illogico. Un rimando a Gerhard Richter può risultare significativo per l’innovazione della tecnica pittorica e per l’astrazione raggiunta. Il pittore tedesco, in “Abstrakte Bilder” (1988), si serve di grandi spatole costruite appositamente per consentire al colore di sprofondare, sparire per poi riemergere. “Bach” del 1992 e “Cage” del 2006, omaggi al maestro delle variazioni e ad un grande dell’avanguardia musicale americana, sono esempi di massimo lirismo e si possono riscontrare in “Pareidolia 10” e “Pareidolia 11”. Nell’atto gestuale, vi è il tentativo da parte del nostro, di far riaffiorare gli strati “primi” del colore e nelle lacerazioni, quei “ricordi di memorie cellulari che percorrono veloce i nostri sensi”. E’ un tornare al passato, alla nascita e sentire il respiro iniziale del neonato.

Gianna Panicola - Curatrice e Critico d’Arte

2 Giugno 2017

Stampa