Alle Cantine Florio, la complessa arte della semplicità... "Lentini" fino al 4 Luglio.
Cercare e trovare, lenti, il bandolo della matassa, attaccato all’ago cucitore di una semplice complessità, nel pagliaio dell’esistenza a tutti comune, non è stato difficile guidati da Lentini, sempreché non si fosse stati ostacolati da una cacofonica quanto dissonante, quanto noiosa, quanto
non utile né proattiva presentazione, in linguaggio politichese, di un libro sicuramente interessantissimo, ma reso improduttivo in termini di efficacia risolutiva degli annosi problemi di quel “rione sanità”, parte costitutiva della inciviltà ospedaliera italiana. Benché, invidiata da chi italiano non è. Insomma, la solita solfa lontana dalla civiltà dell’arte.
Ebbene! Trascorso, in minutaggio, il tempo di un film della serie “la storia infinita”, si è tutti approdati, superando il lamentoso “Stige” di centinaia di profumatissime botti di rovere Florio, in un ambiente in cui la perfetta asetticità scultorea delle arcate arabo-gotiche di tufo, ben coglieva l’estrema modernità di un’espressione pittorica innovativa a cui Lentini ha tutti abituato da anni, sorprendendo continuamente. Tele materiche, stracci di inciviltà, gessati dello spirito penzolanti, ritagli di vita sdrucita e ridipinta, semplicemente attaccati ad assi di legno con essenziali puntine da disegno bianche, erano lì, sopra “spot” arricchenti di maggior spessore fisico attraverso una illuminata illuminazione architettonica di Itinera Lab. Un viaggio, nei territori della “Confusione” che è “Stato di Grazia” - da molti confuso con arte afro-esotizzante - della sofferta “Quiete” dell’Artista, ha abbagliato e spento i tentativi, attraverso reazioni razionalizzanti, di un’improbabile cosciente conoscenza da parte di spettatori, passeggiatori, pasteggiatori, di quella “Vera Bellezza” contrapposta all’aspettativa di una “Grande Bellezza” scenico-rappresentativa-estetizzante che, di materiale, non vuole avere più nulla, nemmeno i materiali di realizzazione del prodotto artistico. L’inconscio, ma trasparente traslato, dalle pennellate alle congiunzioni cromatiche percolanti, stavolta, per mezzo di fili e tessuti espressivi del contatto/contrasto con le realtà inique e diseguali è, oggi, il percorso di Lentini artista psico-sensoriale-caratteriale-trasduttiva. Lentini non dipinge soltanto, ma parla con le sue tele un linguaggio lontano, troppo lontano in avanti per rimanere prigioniero di quattro mura; perché è un linguaggio già libero dai teoremi controllanti dell’insipienza dei “normali”, già fuori dalle gabbie del quotidiano, già visualizzante un percorso che l’Artista che sa, può dire di non sapere, di disconoscere nella indomabile prontezza del suo gesto, pittorico-esecutore-cucitore di lembi perduti di carni e pelli umane strappate - simili per format genetico alle stoffe - in questa esistenza, da un mondo che è pensiero alla fine; un mondo che ha perduto il bandolo della matassa; che ha perduto ago e filo e che non può più tentare, senza l’Amore, di ricucirsi addosso abiti mentali obsoleti frutto di quell’addomesticamento che produce inesistenza. Lentini, Artista, esiste, ormai, lontano da qualunque “Noi” elogiante la perfezione. Nell’ineluttabile e auspicabile, annullamento del giudizio sull’eccellenza.
Sal Giampino
24 Giugno 2013
pubblicato su marsalace.it - Giugno 2013