Il Caravaggio al Cinema, un’anima rimasta in penombra
La struttura filmica è sceneggiatura. Un docu-film di questo genere sceglie di essere o di non essere sceneggiatura per rimanere documentario celebrativo, senza riuscire a celebrare il protagonista. La carenza di scrittori in questo, purtroppo nostro, Paese, ha fatto sì che la regia abbia dovuto, per forza di cose, arrabattarsi attraverso l’emotività delle immagini, tutte in Primo Piano e senza un “respiro” che potesse condurre lo spettatore verso una coerente disamina dei contenuti citati, senza lasciarsi subissare dalle immagini incombenti e senza alcuna grazia filmica. Un lavoro-documento candidamente e politicamente commissionato per un fine molto chiaro che va oltre, anzi scavalca, l’aspettativa di uno spettatore, neofita o no, che avrebbe voluto riconoscere se stesso nell’emotività paradossa dell’Artista.
La regola fondamentale dell’alternanza tra i Primi Piani e i Campi Medi e Lunghi, non è stato l’unico neo cinematografico di questo spettacolino montato ad arte da un versante politico per includere appassionati di leccaculismo in periodo elettorale. “La Grande Bellezza” delle opere del Caravaggio è stata sopita, se non spenta, da quelle ambientazioni sacre che l’Artista sapeva rifiutare e negare al suo pubblico attraverso il genio del mascheramento delle sue magiche penombre. La luce da lui scelta come segno di vivenza nella libertà assoluta, personale, sessuale, sociale e politica, non ha trovato alcun riscontro attraverso la visione delle conosciute e riconosciute sue Opere.
L’avere osservato in macro le spaccature di colore, non ci ha certo condotti dentro la sua anima, lasciata in penombra e tralasciata come per i suoi più grandi lavori “rifiutati” per ingordigia collezionistica del clero suo contemporaneo, o per malcelata inadeguatezza sessuofobica dell’intera Chiesa Cattolica di allora e di sempre. Un film che vale quanto l’avere sfogliato un catalogo delle Opere del Merisi, senza alcun ulteriore giovamento che non sia stata la condivisione con un pubblico attento e immeritevole di un tale trattamento esocentrico da parte di una cinematografia documentaristica italiana totalmente impreparata e asservita a chiari intenti politici. Ma questa è la Rai (anche se non lo è) non è la BBC.
Sal Giampino
23 Febbraio 2018